Amici di Malcom… non immaginate che bel suono pop ospito oggi. Un bel suono dicevo, di quello deciso che accoglierebbe anche belle orchestrazioni d’autore. Ma qui è l’autoproduzione di Christiano Frosio che segue il progetto in prima persona su tutti i fronti a decretarne la direzione e devo dire che come esordio non è niente male, ingenuo in alcuni tratti ma decisamente professionale e ricco di gusto. Liriche pop che non si fanno smielate da baci perugina e soluzioni intriganti che davvero rendono questo primo disco “Mille direzioni” un lavoro di grande maturità, anche figlio di ascolti pregiati che pescano dalla tradizione alta della canzone pop d’autore leggera. E nello spulciare i testi, ricchi di metafore, non è che sia poi tanto leggera la penna di Frosio. E dunque verso qualche buon rum in un bicchiere massiccio e mi metto in ascolto

Un titolo interessante anche da un punto di vista spirituale… quali sono le tue “Mille direzioni”?
Le “Mille Direzioni” sono la volontà di lasciare aperte delle possibilità, il non farsi ingabbiare dalle sovrastrutture. Spesso sono possibilità legate alla sfera immaginativa. È impossibile vivere tutti i mondi possibili. In generale questo atteggiamento deriva da un forte desiderio di libertà.
Nel disco in particolare le “Mille Direzioni” sono le possibilità che si aprono durante la fase di spospensione che si crea tra la perdita di qualcosa e il movimento verso qualcos’altro. Sono quei punti interrogativi che si celano dietro all’abbandono e alla volontà di cambiamento.
Ha per caso un retrogusto di indecisione? Secondo te quanto è importante l’indecisione?
Più che indecisione preferisco parlare della possibilità di non scegliere, che è quindi una scelta attiva e consapevole al pari di altre.
Nel brano “Mille Direzioni” ad esempio, c’è una situazione di “indecisione” dovuta al desiderio di ritornare a vivere alcune fasi di una relazione. Ma in questo non agire, si schiude in realtà un percorso di scelta: non scegliere significa difatti lasciare andare.
Il pop d’autore italiano… sembra di parlare di cose “antiche” o comunque passate di moda… nonostante Sanremo. Come la vedi?
Credo che il pop d’autore se legato ad una forte personalità e contenuto dell’artista, possa portare con sè elementi di freschezza e non restare vincolato a ciò che viene definito antico. È possibile rinnovarsi anche in vecchie etichette di genere o tematiche.
Io nella mia espressione musicale ho adottato un cantautorato-rock tendente al pop per vicinanza di attitudine musicale, e per l’esigenza di unire testi di contenuto alla melodicità del cantato e alla forma canzone, senza restare vincolato a certe staticità. Ad esempio in “La Nostra Casa” e “Giocare col Vuoto” non c’è un vero e proprio ritornello e mi slego dalla classica forma canzone; oppure nel disco c’è una grossa attenzione e importanza data agli arrangiamenti intorno al cantato contrariamente a un certo pop italiano in cui la musica fa da contorno alla centralità della voce.
Un esordio che si è costruito di vita prima di approdare dentro i circuiti tradizionali. Raccontaci: cos’è che davvero ti ha convinto della sua pubblicazione?
La pubblicazione dell’album è sempre stato un pensiero predeterminato nelle mie scelte di vita. Mi sono sempre mosso in questa direzione per cui non c’è qualcosa che mi ha davvero convinto. È stato semplicemente un percorso di maturazione.
Volevo fare un album di qualità che mi rappresentasse soprattutto nell’aspetto del suono. Scegliendo la strada più difficile, quella di produrre e arrangiare le mie canzoni (e i miei videoclip) interamente da solo, ho maturato un percorso più lento nella fase dell’esordio.
Inoltre dando un valore quasi sacro alla mia musica, avevo la necessità di essere pronto a sostenere un passo così importante. Le canzoni, sai, vanno rispettate.
Con le canzoni affido una grossa parte di me e non è così automatico e scontato consegnarsi. Devi essere pronto, avere anche delle difese. Le mie sono rappresentate dalla maturità nelle scelte artistiche, nel suono del disco.
Il video di lancio è assai interessante… il drone la fa da padrone… come nasce?
Oltre le musiche e i testi, scrivo e dirigo i miei videoclip.
In “Anime Leggere”, il drone nasce dall’esigenza estetica di inquadrare spazi ampi e desolati, inteso qui come quasi totale assenza di elementi antropomorfi. Volevo dare l’idea della fragilità delle nostre esistenze, della solitudine dei nostri percorsi umani. Solo il drone poteva restituire questa prospettiva.
Guarda la “dronata” finale del video, dove se ci fai caso intravedi un uomo che corre lungo la cresta della montagna. È proprio un punto minuscolo in movimento. Mi ha fatto impressione realizzare visivamente il pensiero, scontato per certi versi, di quanto siamo piccoli in confronto all’intorno.
Ne approfitto per ringraziare Nicolò De Nunzio che ha effettuato le riprese. Il suo occhio è stato determinante nel raggiungere un risultato di cui sono molto soddisfatto. Non potevo chiedere di più.
E ce ne sarà un quarto in scaletta?
Si è già pronto. Se potessi farei un video per ogni canzone perchè mi permette di ampliare con il visivo, il messaggio della musica al di là del testo. Una sorta di Opera d’Arte Totale per citare, senza scomodare nessuno, Richard Wagner.
Tra l’altro non era mia intenzione fare ben quattro videoclip. Dopo aver pubblicato il primo 45 giri virtuale in forma di videoclip “Apri La Finestra” e “La Nostra Casa”, ho maturato l’idea del disco inserendo anche queste due canzoni. in una nuova versione remixata e rimasterizzata.
E sono anche i video una chiave di svolta per la sua produzione, molto curati, molto definiti, ricchi di personalità. Dalla rete pesco l’ultimo “Anime leggere”. E anche questa è opera individuale della resistenza pop d’autore di un’Italia ricca di omologazione… anche su questo fronte.
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